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Poesia e carcere – Intervista a M.A.S.V.

Grazie per avere accettato di fare questa piccola intervista con noi. Spiegaci come mai questo pseudonimo letterario/artistico. Da dove è nato?

Il nickname M.A.S.V. è nato da un gruppo di ragazzi di un istituto scolastico di Milano frequentanti la terza media. Dopo avere ricevuto una delle poesie scritte da me, per il tramite di una loro docente che aveva anche loro proposto di rispondere a quell’autore sconosciuto e dal nome lunghissimo. Questi ragazzi mi hanno dato proprio una grande gioia; hanno addirittura risposto con loro poesie scritte per me! E, a completamento, l’immaginazione creativa li ha condotti a creare questo semplice acronimo: M.A.S.V. Che io ho subito adottato.

Come sei venuto a contatto con la poesia e come è diventata parte della tua vita in generale e della vita in carcere nello specifico?

Penso che, se non fosse stato per questa brutta esperienza carceraria, non sarei mai venuto a contatto con la poesia. E penso sia stata lei ad allungarmi la mano per rialzarmi quando sembrava non avessi più la forza di farlo. Ho insistito così tanto nello spingermi a cercare me stesso che a volte, guardandomi allo specchio, vedo quello che ero e che ora non sono più. E questa è una sensazione che soltanto attraverso la poesia ho potuto e posso provare. Una sensazione di libertà, nonostante mi trovi dietro le sbarre.

Potresti raccontarci quali sono stati i momenti che ricorderai sempre delle passate Finali Nazionali LIPS di Ragusa?

Sono tanti i momenti che ricorderò. Pensavo anche Sta davvero accadendo? Non è un sogno anche se lo sembra? Ce l’ho fatta? Ricordo benissimo come abbiamo festeggiato insieme la semifinale. Ed è arrivata la finale: il palco, gli applausi, le persone che si congratulavano con me; i ragazzi che frequentano con me il Laboratorio di lettura e scrittura creativa. Di questi ultimi, nonostante la distanza, sentivo l’incoraggiamento. Una sensazione bellissima. Anche se poi non ce
l’ho fatta a vincere. Sul volo di ritorno ero un po’ giù, ma uno degli agenti penitenziari, che aveva presenziato, mi ha detto: Dai, su! Pensa a tutte le belle emozioni che hai vissuto. Vedrai che non vi è stata sconfitta. Aveva ragione lui. Perché questo è lo spirito della Poetry Slam: è una gara dove vince la poesia!

Puoi parlarci di una delle tue poesie, com’è nata e qual è l’intento comunicativo?

Come sto? È una poesia che riassume una delle fasi della mia vita. Momenti oscuri che non auguro ad alcuno e in cui non vorrei ritrovarmi mai più. È una poesia di verità che si cela dietro una semplice e bugiarda risposta… Va tutto bene, quando invece a volte non va bene niente. È nata così, dalla voglia di scomparire in una notte guidata da pensieri folli, di brutte giornate, di ennesimi dispetti dall’Uomo blu, colui che scombussola le mie emozioni e comanda i gesti. Ed è lì che devi armarti di pazienza e coraggio e anche essere bravo a non far notare ai tuoi cari e a chi ti sta vicino che stai attraverso un brutto momento. Perché pensi che che loro non debbono stare male per te. Perché in fondo l’hai causata tu questa situazione. Ma devi parlarne con qualcuno, per evitare che quel Va tutto bene finisca in tragedia. Anche scrivere questa poesia per me è stata una salvezza. Il mio intento è di far sì che le persone siano in grado, o almeno tentino, di entrare in empatia con gli
altri, osservando i gesti, il sorriso. Essere in grado di leggere negli occhi l’emozione dell’altro e cercare di donare ogni giorno quel sentimento innato in ogni essere umano, quel sentimento chiamato amore. Vorrei approfittare di questa intervista per ringraziare gli organizzatori della Poetry Slam, ogni persona abbia contribuito alla mia crescita, sia a livello personale che letterario, ogni “integrante” del Laboratorio di lettura e scrittura creativa all’interno di Opera, i ragazzi, i miei
compagni, per avermi sostenuto in questo percorso.

Come sto? – M.A.S.V.

Come sto?
Beh continuo a camminare tra le tenebre
tra ombre dallo sguardo feroce
tra uomini disperati e visi angosciati cammino
cammino tra uomini duri e anime fragili
voci potenti che padroneggiano la ragione
e turbano i sensi annientando le parole
sto bene sì tutto a posto
col cuore che striscia carico
del peso di sentimenti incontrollabili
cuore che spesso reclama pietà
pietà alla disumana incessante macchina del tempo
alla solitudine che gode la mia tristezza
alla mente che spara a raffica
proiettili di ricordi a salve
che corre al riparo al riparo di sé stessa
Sì sì sto bene tranquillo
Mi sento forte come una montagna rocciosa
che sta per franare
tento di controllare il respiro
spesso freno l’ira che mi scorre nelle vene
Non ti preoccupare sto bene
Forse sono soltanto stanco sai
stanco dell’uomo blu che ogni giorno mi si ferma davanti
e veloce gira e gira e rigira le chiavi
apre e chiude libera e incatena accende e spegne
piano piano l’anima ogni giorno
stanco del rumore della caffettiera
stanco di appoggiare i gomiti sulla finestra
il viso sui palmi e fissare il dorato tramonto
che ogni sera si arrugginisce oltre la parete
stanco di chiedere pace alla vita
vita che mi ha bene educato per sua volontà e con le sue regole
vita a cui per mia volontà ho disubbidito
Va tutto bene
Vorrei una penitenza che cancellasse i miei peccati
per smetterla di ferirmi riaprendo cicatrici
spolverando ricordi fra i ricordi
Vorrei che tutto questo fosse un incubo
svegliarmi e non aver mai scritto questo
né pensare che l’ho pensato
Sì è vero rido ogni tanto tento di star bene
ma non sorrido mai
balbetto ogni tanto ma non piango mai Forse sto perdendo le mie emozioni
ma se ti fa star bene sentirmelo dire
Va tutto bene
Anche se a volte ho paura
che questa tempesta
un giorno stacchi la foglia dall’albero.