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Intervista ad Arsenio Bravuomo

Arsenio Bravuomo scrive molte cose e normalmente lo fa in minuscolo, scelta che verrà accolta anche in questa sede. Poeta e slammer, è stato tra le prime persone a portare il format dello slam a Torino.

Arsenio, benvenuto. Dunque, tu bazzichi lo slam da prima della stessa fondazione della LIPS: come ti ci sei avvicinato? Come si sono evolute le cose in quei primi anni, quando la scena stava lentamente prendendo forma? Ti vengono in mente specifici eventi che pensi abbiano dato svolte a questo processo di crescita?

ho incrociato il poetry slam grazie a guido catalano che nel 2006 o 2007 mi disse che a milano, alla scighera, circolo arci genuino, facevano un torneo. 8 poeti a serata, con una formula che non si usa più, tabellone tipo tennis, si gareggiava a coppie, ne passava uno alla fase successiva. i vincitori di ogni serata facevano poi la finalissima in primavera. c’erano degli slam anche a bologna e qualcos’altro in nord italia. decidemmo quindi con alessandra racca e guido di creare un nostro torneo, all’epoca nomato poeti in lizza. a torino e milano, lo facemmo per tre anni, in vari locali: conoscemmo in pratica tutti i poeti che poi hanno dato il via alle scene locali nelle altre città. provammo poi il terzo anno a proporre un campionato nazionale chiamando tutti gli altri ma ci risposero picche, eheheh. poi nel 2014 venne fondata la lips, se non sbaglio.

Al momento ti prendi cura assieme ad Alessandra Racca di Atti Impuri, che a Torino – anche in Italia, in realtà – è una delle realtà slam più storiche. Come è nata, e quali sono state le sue progressioni?

attimpuri è in realtà il nome di una rivista (www.attimpuri.it) curata dal collettivo sparajuri di torino. sergio garau che ne faceva parte si mise a organizzare gli slam qui con alessandra e me e altri e quindi ereditammo il nome. negli anni persone si sono tolte, altre si sono aggiunte. diciamo che alessandra e io siamo rimasti tutto questo tempo. abbiamo cercato di fare un lavoro di promozione del poetry slam, sempre con un occhio alle novità. da quando siamo all’off topic il pubblico è cresciuto sempre di più. come in fondo anche in altre parti d’italia.
(n.d.i. L’Off Topic, ex Officine Corsare, è un centro culturale torinese che, nella sua fitta rete d’eventi, ospita da qualche anno a questa parte gli eventi di Atti Impuri)

Una scelta interessante che avete compiuto, quest’anno, è stata quella di accettare solo le candidature di persone che non avevano ancora partecipato ad una vostra serata. Da cosa è partita quest’iniziativa? Ora che la stagione si è chiusa, come consideri i risultati di questa proposta?

mentre negli anni scorsi selezionavamo un po’ di novità e un po’ di poet’ che già conoscevamo, quest’anno abbiamo deciso di arruolare solo chi non aveva mai partecipato. è andata benissimo. credo che sia la forza del format del poetry slam a vincere, insieme al pubblico ovviamente. il pubblico dell’off topic è caldo e accogliente e entusiasta (nonostante siamo in piemonte) e fa metà dello spettacolo. abbiamo scoperto voci nuove e interessanti. ricordiamoci comunque sempre che è solo un gioco, una scusa per fare amicizia con persone meravigliose. questa secondo me è la forza della lips.

Da diversi anni co-organizzate un festival di poesia performativa, Metronimie, che tra le altre cose è stato casa delle ultime edizioni della finale regionale del campionato LIPS. Il termine poesia performativa ha cominciato a fare la sua danza col poetry slam da molto tempo ormai, intersecandocisi in diverse maniere. Considerando già alla base lo slam come format di poesia performata, hai riconosciuto qualche mutazione della performatività all’interno di questo ambiente, lungo gli anni – e viceversa, con l’ingresso di un approccio slam alla poesia performata?

premesso che quest’anno non sono dentro l’organizzazione di metronimìe, mi permetto di dire che il festival vuole un po’ fare da vetrina per la poesia performativa in italia e non solo, tastare il polso della situazione, mostrare i progetti che girano. lo slam è un format popolare, pop, una palestra per i performer. a me questa cosa della palestra è sempre piaciuta molto. lo diceva marc kelly smith. si fanno gli slam per mettere alla prova i testi, raffinarli, usando il pubblico come sparring partner. ovviamente non è solo questo, lo slam è uno spettacolo fatto per la gente che ha una serie di effetti collaterali molto positivi, uno dei quali è che magari poi le persone si comprano e leggono libri di poesia. non ti so rispondere bene riguardo lo sviluppo negli anni della scena dal punto di vista qualitativo, non sono un grande osservatore. mi sembra però possibile dire che gli ultimi anni hanno portato alla ribalta uno stile molto diverso da quello dei primi anni, uno stile dove la parte performativa forse è preponderante. non so se è un bene o un male. è uno stile più amerregano, oserei dire, ma non lo dico in senso negativo. l’esplorazione è anche
figlia dei tempi. gli argomenti attuali forse sono un poco più ombelicali, ma è sintomo del momento storico in cui stiamo vivendo, credo.

In questi anni la presenza sul palco di persone che scoprono lo slam e ci si buttano a capofitto è maggioritaria, e sembra un indice di buona salute. Com’è, invece, il modo con cui vivi il palco tu, ora, dopo molti anni? Quali sono i desideri che hai di esplorazione, in che direzioni stai andando?

il palco è sempre una bella droga. credo che continuerò a partecipare agli slam in giro per l’italia. smetterò invece di organizzarli, per raggiunti limiti di età e di pazienza, eheheh. personalmente io mi sono messo a scrivere cose lunghe. vediamo cosa ne esce. ci si vede.