LIPS, Notizia, Poetry Slam, Rassegna stampa

LA LIPS SI SPIEGA

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La notte era fresca e l’aria inebriante.

Era una di quelle sere di settembre che non te le scordi neanche a volerlo. L’umidità dell’erba era un profumo che picchiava le narici. E le lampade sopra il palco rosolavano la pelle. Era il 2011 e sul palco del Gram Festival di Treviso, assistevo in passivo – quale spettatore – e in attivo – quale slammer – il mio primo poetry slam.
Sapevo poco o niente, ne avevo solo sentito parlare e mi ci ero affacciato solo perché avevo cominciato a scrivere poesie finalmente decenti. Almeno così mi sembravano all’epoca. Oggi non leggerei mai quella roba.

Sul palco c’erano nomi grossi,

la cui notorietà l’avrei appresa solo in seguito: Alessandro Burbank, Gigi Miracol, Giordano Caldato, Stefano Raspini e altri. L’unico nome a me davvero noto fu quello dell’emcee: Lello Voce. E tra gli spettatori uno dei più forti slammer trevigiani, impossibilitato a partecipare quella sera a causa d’una febbre galoppante, Alberto Dubito. Eravamo dodici slammer se non vado errato. Ricordo che passavano i primi cinque al secondo turno. Io lessi agitato ma con convinzione. La convinzione che mi avrebbero lanciato qualcosa. Invece andò abbastanza bene: ero quinto in classifica. Quale estasi: ero il terz’ultimo a gareggiare e se avessi mantenuto il mio punteggio sarei andato al secondo turno. Sarebbe stata la mia piccola vittoria.

In me cresceva intanto un sentimento eccitante verso questa disciplina:

la giuria votava con coscienza e spirito critico; il maestro di cerimonia scoccava frecce come ogni poeta sa di dover fare nel cuore delle persone; gli slammer erano tra loro eterogenei per contenuti, stili, performance. C’erano i cani da lettura e gli attori teatrali. Da tutti avrei imparato qualcosa. Dagl’uni a evitarli, dagl’altri a fargli il verso. Poi si esibì Alessandro Burbank, che prese il mio stesso punteggio. Lello Voce decise a quel punto che, vista la durata già fino ad allora eccessiva dello slam, sarebbero passati i primi quattro, estromettendo così me e Burbank dal secondo turno. Ero incazzato. Ero incazzato perché innamorato, quindi geloso.

Da quella volta in poi credo di aver partecipato almeno ad una ventina di slam.

Alcuni li ho sorprendentemente persi, altri incredibilmente vinti. Più mi sembravano facili e più perdevo. Più li ritenevo difficili e più mi piazzavo in alte posizione, fino a vincerli. Ma sono sempre, indistintamente, uscito arricchito.

Poi è arrivata la LIPS, che ha stravolto tutto,

organizzando slam in massa, creando un movimento stabile, curiosità, partecipazione. Dal 2013 ad oggi il fermento provocato dalla LIPS è ancora in aria e non accenna ad arrestarsi. E perché dovrebbe? Questo è un modello bellissimo per interfacciarsi con la poesia, da qualunque parte d’Italia e per qualunque figura incuriosita.

In questo anno e mezzo abbiamo fatto molto:

organizzato circa 300 slam, fatto incontrare i poeti con il pubblico; nuovi poeti con poeti più vecchi; nuovi e vecchi poeti con nuovo e vecchio pubblico; creato partnerships con locali, scuole, librerie. E il tutto per un solo ed un unico credo: che la poesia sia questo, l’azione di restituire ciò che raccogliamo nell’intimo istante in cui siamo soli coi nostri versi ad un pubblico vasto che non vuol far altro che ascoltarli e farli propri, Questa è la LIPS! Perché quando uno slam è ben riuscito, si potranno notare soltanto facce stupite, emozionate, contente, rilassate. Lo slam è una cura, sebbene la malattia sia (in parte) sconosciuta.

Allora, così, se dovessi trovarmi un giorno in quello stesso giorno del 2011, saprei a chi dedicare quella poesia con la quale ho cominciato tutto questo: alla poesia, allo slam, alla LIPS.

Nicolas Alejandro Cunial

Socio LIPS